lunedì 29 dicembre 2008

Tutta la vita davanti - di Paolo Virzì (2008) *** 1/2

Locandina Tutta la Vita Davanti
genere: commedia/drammatico
regia:
Paolo Virzì
anno:
2008
titolo originale:
Tutta la vita davanti
cast:
Isabella Ragonese, Micaela Ramazzotti, Elio Germano, Sabrina Ferilli, Massimo Ghini
durata:
90'
la curiosità:
vincitore Nastro d'Argento della SNGCI



Film amaro sul mondo del precariato e su tutto ciò che gli gira intorno...


Laureata a pieni voti cum laude e con tanto di abbraccio accademico nella facoltà di filosofia, Marta, si mette subito alla ricerca di un posto da ricercatrice. Le risposte che le giungono sono tutte negative, nessuno è disposto ad assumerla. Di ritorno da una visita alla madre gravemente malata, Marta, convinta, deciderà di fare domanda presso il provveditorato, per iniziare una carriera scolastica. Anche qui però si troverà la strada sbarrata. Finirà poco tempo dopo nella realtà infernale dei call center dove tra giovani telefoniste più simili ad automi che a persone, balletti motivazionali e assurde premiazioni tipiche dei villaggi turistici, scoprirà il comportamento falso, i ricatti, la violenza psicologica nei confronti di una moltitudine di ragazzi e ragazze, laureati e non, ma tutti aventi una cosa in comune: la paura e il rischio di poter perdere il proprio "lavoro" da un momento all'altro... Virzì affronta la tematica del precariato e ce la mostra con ferocia assoluta non rinunciando però a momenti divertenti e commoventi. La realtà che affronta la protagonista, quella dei call center, è sicuramente uno degli esempi più evidenti di questa condizione. Ragazzi costretti a prendere in giro il prossimo per poter guadagnare uno stipendio da fame, ricattati dai propri capi e costretti ad andare contro tutti i propri principi morali tentando meschinamente di farsi ricevere nelle case sopratutto di persone anziane. Ragazzi licenziati per non aver raggiunto un tot di appuntamenti e ributtati in mezzo alla strada, li da dove venivano, e con nulla in mano. Ragazze costrette a vendere il proprio corpo per l'incapacità e l'impossibilità di trovarsi un altro lavoro. Ragazzi disperati per una situazione in cui, anche chi dovrebbe tutelarli, alla fin fine non fa nulla di veramente concreto. 

Isabella Ragonese
Ragazzi paradossalmente, come recita il titolo, con tutta una vita davanti, ma in realtà bloccati a 24 anni. Attraverso gli occhi di Marta tutto questo si palesa in modo evidente, e la sensazione che si ha non può essere che amara e triste per tutti quei ragazzi così ingenuamente presi in giro.
La scelta del cast è ottima. Marta è interpretata dall'emergente e talentuosa Isabella Ragonese. Altra emergente è Micaela Ramazzoti (per chi ama un po' di gossip, recentemente sposatasi col regista Virzì) nei panni di Sonia la giovane mamma coinquilina di Marta, un po' ignorante e superficilae forse, ma dall'animo buono e legatissima alla figlia Lara. Conferme importanti arrivano da Elio Germano, sicuramente uno dei migliori giovani attori nel panorama italiano. E' bravissimo nell'interpretare il suo personaggio, il venditore porta a porta "Lucio 2",(eh si, perché nel mondo dei call center, c'è anche la possibilità darsi dei nick) passando da uno stato d'animo determinato dal successo a sensazioni totalmente contrarie per approdare nel finale a un comportamento eufemisticamente definibile come folle. 
Brava anche Sabrina Ferilli nei panni di Daniela, capo reparto, team leader. Anche il suo personaggio affronterà tutto un preciso percorso. Da donna ambiziosa e in carriera, a donna disperata che tra l'altro, in un finale rocambolesco e commovente, finirà col compiere un gesto, per l'appunto disperato. Valerio Mastroandrea interpreta il personaggio più ambiguo della vicenda, il sindacalista Giorgio Conforti. Farà colpo su Marta, ma anche lui, come tanti altri, finirà col deluderla. Chi ne esce ridimensionato penso sia Massimo Ghini nel ruolo del padrone dell'azienda. Risente sicuramente della scelta di non approfondire il suo personaggio, rilegato ai margini della storia.




Da ricordare anche la presenza di Laura Morante, o meglio, la sua voce. E' infatti tramite questa che la storia si sviluppa nel suo corso.

Film che denuncia la difficile situazione del precariato in Italia. Affrontato col giusto sarcasmo, senza annoiare e mai banalizzando.

Film duro, sopratutto per chi ha provato situazioni simili sulla propria pelle, a tratti sicuramente eccessivo, esagerato in alcune parti, ma tragicamente realistico.

Da vedere sopratutto per gli spunti di riflessione che può dare.

martedì 16 dicembre 2008

Saw V - di David Hackl (2008) ** 1/2

Locandina del film
genere: horror
regia: David Hackl
anno:
2008
titolo originale: Saw V
cast:
Tobin Bell, Costas Mandylor, Scott Patterson, Betsy Russell, Julie Benz, Meagan Good
durata:
92'
la battuta: "Tutti meritano una chance"
curiosità:
la serie nella sua totalità ha finora raccolto al cinema 550 milioni e 24 milioni in home video.





"Morto un enigmista se ne fa un altro..." 

Annunciato già un altro continuo e proposti anche un VII e VIII episodio, torna la saga horror più seguita degli ultimi anni. 

Il film riparte, come sempre, dalla conclusione del precedente. Rinfreschiamoci un po' la memoria. Morto John Kramer alias Saw nel terzo episodio, pochi mesi fa, nel quarto capitolo della saga, siamo venuti a conoscenza del suo erede, il detective Mark Hoffman. Quest'ultimo è l'unico superstite dell'ultima trappola lasciata dall'originale enigmista e che ha visto la morte a catena di un buon numero di vittime. Riuscendo a salvare anche la bambina di un tenente precedentemente ucciso, verrà fatto passare come l'eroe di turno e come colui che ha finalmente chiuso il caso Saw - l'enigmista. Sfortunatamente per lui, la sera in cui si salvò, non fu l'unico a sopravvivere. Con lui anche il detective Strahm. Data una serie di sospetti eventi, quest'ultimo comincerà a sospettare del collega e a una possibile complicità tra questo e il defunto enigmista...

Diretto da David Kackl, prima sceneggiatore e poi aiutante in seconda nei precedenti episodi, il film è sicuramente più guardabile rispetto al terzo e al quarto diretti da Darren Lynn Bousman. 

In questo episodio il regista cerca, e in gran parte ci riesce, di impostare la storia in maniera più lineare rispetto al predecessore. 
Utilizzando per gran parte del film la tecnica del flashback il montaggio è senz'altro chiarificatore. Saw, nonostante sia deceduto da ormai due episodi, continua a "vivere" proprio tramite questo escamotage. 
La maggior parte dei dubbi e delle domande riscontrate al termine del quarto episodio trovano risposta e il tutto, per quanto continui comunque ad essere intrecciato, assume una forma senz'altro più leggibile agli occhi del telespettatore. 
Molte cose vengono finalmente spiegate, altre ancora no, ma fortunatamente, o sfortunatamente, a seconda dei gusti, ce ne sarà il tempo.
Non mancano ovviamente le torture che hanno contribuito al successo della saga. Se ne contano bene sei nel corso dei 95'.
L'ultima in particolare, per la sua semplicità è sicuramente una delle migliori. Una più violenta e macabra dell'altra, ma tutte con elemento in comune. Tutte danno una possibilità di salvezza.
Quello che ne rimane alla fine è un prodotto senz'altro superiore al precedente, più ritmato e qualitativamente migliore sul piano stesso della regia. 
Il film rivelazione del 2004 di James Wan, ritenuto da molti geniale è ormai ben lontano e la saga, giunta ormai cosi in là con gli episodi, ha perso molto delle sue potenzialità. Anche il famoso colpo di scena finale che tutti lasciava di stucco sta diventando sempre più prevedibile.

Nonostante ciò, questo episodio, per come è stato impostato e diretto, può considerarsi quasi come una sorta di restart per una saga che, col terzo e in particolare col quarto episodio, stava obiettivamente degenerando. Vedremo se tale percezione positiva troverà conferma in Saw VI.

giovedì 11 dicembre 2008

L'amore davvero - di Richard Curtis (2003) ***1/2

Genere: commedia/drammatico/romantico
regia: Richard Curtis
anno: 2003
durata: 135’
titolo originale: Love actually
cast: Bill Nihgy, Colin Firth, Liam Neeson, Emma Thompson, Martin Freeman, Keira Knightley, Hugh Grant, Laura Linney, Alan Rickman, Rodrigo Santoro.
la battuta: ""Andiamo a sputtanarci per amore!"



"È opinione generale che ormai viviamo in un mondo fatto di odio e avidità, ma io non sono d’accordo.Per me l’amore è dappertutto. Spesso non è particolarmente nobile o degno di note, ma comunque c’è: padri e figli, madri e figlie, mariti e mogli, fidanzati, fidanzate, amici. Quando sono state colpite le Torri Gemelle, per quanto ne so nessuna delle persone che stava per morire ha telefonato per parlare di odio o vendetta, erano tutti messaggi d’amore. Io ho la strana sensazione che se lo cerchi scoprirai che l’amore davvero è dappertutto."

Inizia così Love Actually, pellicola prenatalizia del 2003.
Filo conduttore del film è ovviamente l'amore. Come detto dall'incipit del film l'amore è dappertutto e riguarda tutti, dagli adulti, agli anziani, ai bambini perchè l'amore non ha età. Richard Curtis ci immerge in 10 differenti storie, apparentemente tutte fine a se stesse, ma in realtà tutte collegate.

C'è l'impiegata Sara follemente innamorata di un suo collega al quale, per la troppa timidezza e per una vita familiare non delle più facili, non riesce ad esprimere i suoi sentimenti per lui.
C'è Jamie, scrittore di medio talento che, dopo aver trovato la propria moglie a letto con un suo amico, perde la vena ispiratrice. La ritroverà solo grazie all'incontro con una ragazza portoghese.
C'è poi Harry, fedelmente sposato con la sua Karen da molti anni, il quale viene stregato dagli ammicamenti e dalle proposte della sua accattivante segretaria Mia.
Fratello di Karen è David, da poco primo Ministro che si troverà a dover affrontare il suo sentimento per la sua nuova segretaria Natalie.
E ancora la storia di un padre e di un figlio. Daniel e Sam. Il primo sconvolto dalla perdita della moglie, il secondo innamorato di una sua compagna di classe.
C'è poi il giovane e simpatico Colin, convinto di essere bello e di non trovare una ragazza solo perchè vive in Inghilterra. In America, secondo lui, sarebbe molto più apprezzato. Decide quindi di partire.
Chi invece la donna della propria vita l'ha già trovata è Mark, innamorato perso di Giulia da sempre, la quale però si è appena sposata col suo migliore amico.
Ancora, Jack e Judy, conosciuti su un set a luci rosse, finiranno per frequentarsi.
E ultimo, ma non per importanza è il personaggio col quale inizia il film. Billy Mack. Musicista ex-drogato tramontato ormai da vari anni che, tramite una cover di un grande successo, cerca di tornare alla ribalta.

Tutte storie verosimilmente già viste più e più volte e solitamente ricoperte da uno spesso strato di glassa. Non è così per Love actually dove una sceneggiatura azzeccata e dialoghi davvero brillanti e via via più umoristici, portano il film a un livello superiore.

A farci ricordare che Love Actually non è uno dei tanti film di tale genere, ma qualcosa di meglio, c'è anche il cast.
Oltre a quello già elencati inizialmente, sono da citare i camei di Billy Bob Thornton nei panni di un non troppo simpatico presidente degli Stati Uniti e sopratutto Rowan Atkinson, il noto Mr Bean. Nei panni di un commesso di una gioielleria, regala al pubblico dieci minuti di assoluta comicità da vedere e rivedere.

Sullo sfondo, una ricca colonna sonora. Si spazia dalla cover dei Wet Wet "Love is all around" per l'occasione "Christmas is all around", interpretata da un troppo simpatico Billy Nighy, ad artisti come Dido, Norah Jones, Otis Redding, Joni Mitchell, Craig Armstrong.

Love actually non è la solita melensa commediola. E' un film che cerca qualcosa di più della mera funzione di intrattenimento.
Un film che ci fa sognare, un film magico, ambientato nel magico periodo di Natale. Leggero, spensierato, romantico.
Due ore che passano piacevolmente.
Una favola che vale la pena di vivere.

venerdì 21 novembre 2008

Risultato sondaggio "007 PREFERITO"

Eccomi di nuovo qua.
Il sondaggio lanciato due settimana fa è stato chiuso da poco. E con la chiusura si ha il risultato.
Lo 007 preferito dalla maggior parte dei votanti è sicuramente l'intramontabile Sean Connery.
Si fa valere anche l'affascinante Pierce Brosnan.
L'ultimo Bond invece, Daniel Craig, riscuote meno consensi.
Contentino per Moore.
Ignorati Dalton e Lazenby.

Ecco le statistiche:
-Connery 47%
-Brosnan 30%
-Craig 17%
-Moore 4%
-Dalton 0%
-Lazenby 0%

martedì 18 novembre 2008

La 25esima ora ****

Ciao a tutti, eccomi finalmente qui per spiegarvi il perché del nome del mio blog, qualora qualcuno di voi se lo fosse chiesto. "C'è mancato poi che non succedesse mai..." infatti è una citazione tratta dalla sequenza finale di uno dei miei film preferiti degli ultimi anni: la 25esima ora (2002).

Regista della pellicola è un grande Spike Lee che come sempre nella sua carriera durante la quale si è costantemente occupato di grandi temi politici e sociali quali razzismo e violenza solo per citarne alcuni, torna ad occuparsi di un altro grande problema presente al giorno d'oggi : la droga. La 25esima ora parla della storia di Montgomery (per gli amici Monty) Brogan (Edward Norton), uno spacciatore sorpreso con una somma non indifferente di denaro sporco nella propria abitazione. Condannato a 7 anni di carcere Monty cerca di utlizzare al meglio il suo ultimo giorno di libertà durante il quale si riavvicina a tutti gli affetti più cari per lui, dalla fidanzata Naturelle Riviera, al padre con cui non ha mai avuto un grande rapporto e ai suoi due migliori amici Frank e Jacob. Tormentato dal dubbio che qualcuno possa aver fatto una soffiata cerca di prepararsi psicologicamente a ciò che lo aspetterà per molto tempo. Il film apre con una forte immagine, quella di un cane morente in cui Monty vede se stesso e tutti quei giovani che ogni giorno sfidano il mondo per cercare scorciatoie a volte con modi non adeguati e giusti. Sullo sfondo un triste e opprimente Ground Zero raso al suolo, li dove una volta sorgeva il World Trade Center e dove ora il tutto è dominato da due fari. Tratto dal romanzo di David Benioff (che ho letto ed è moto bello) il film è molto fedele grazie anche alla collaborazione di quest'ultimo con il regista che gli ha permesso di scrivere la sceneggiatura. Un cast d'eccezione come detto sopra che vede la presenza di un sempre più grande e completo Edward Norton(Fight club, le crociate, the italian job, frida) che secondo me con questa pellicola afferma ancora una volta che il suo posto è quello lassù, quello tra i grandi. Intorno a lui la bella quanto brava Rosario Dawson nei panni della fidanzata, Philip Seymour Hoffman con già all'attivo una notevole quantità di film nei panni dell'amico Jacob, Barry Pepper che interpreta l'altro amico Frank e un esperto Brian Cox nei panni del padre. Il tutto condito da grandi musiche firmate Terence Blancardh (tra cui quella di sottofondo del blog :-) ). Insomma gli elementi ci sono tutti per un gran bel film che nonostante i temi trattati scorre bene e che alla fine fa rimpiangere di essere già finito. Da antologia del cinema secondo me e destinato ad entrare di diritto nei monologhi più belli finora esistenti, quello di Edward Norton rivolto allo specchio del ristorante cui va con il padre. Qui sotto potete vedere due video tratti dal film uno dei quali è il monologo multietnico sopra citato del grande Edward Norton:


Alcune immagini tratte dal film: Qui

lunedì 17 novembre 2008

L'amore tradotto - di Sofia Coppola (2003) *** 1/2

Locandina Lost in Translation
Genere: commedia/drammatico

regia: Sofia Coppola 
anno: 2003
durata: 102’
titolo originale: Lost in Translation
cast: Bill Murray, Scarlet Johansson, Giovanni Ribisi, Anna Faris
la battuta: "Più conosci te stesso e sai cosa vuoi, meno ti lasci travolgere dagli eventi..."
la curiosità: In concorso alla 60 Mostra del Cinema di Venezia. Vincitore del premio per la "miglior sceneggiatura".




Sofia Coppola alla sua opera seconda vince e convince....

Attore 50enne affermato e pluripremiato Bob Harris è ormai sul viale del tramonto. Convinto da una ricca offerta da 2 milioni di dollari, si trova a Tokyo per girare lo spot di un famoso whisky. Uomo dalla grande personalità Bob si trova ad affrontare interiormente un periodo di crisi della sua vita. Dopo 25 anni di matrimonio sente che l'amore per sua moglie non è più quello di una volta e il rapporto con i figli non è dei migliori. La notte non dorme e l'opportunità di lavorare a Tokyo, lontano dalla sua famiglia e dalla sua vita quotidiana, gli permette di riflettere a lungo. Charlotte è una ragazza giovane e carina, appena 20enne, ma già sposata. Suo marito, nto fotografo, è quasi sempre via per lavoro e ciò non fa che indebolire il loro rapporto. Insicura sul proprio futuro, e preoccupata da una scelta, forse troppo sbrigativa, come quella di sposarsi, Charlotte si sente, come Bob, sola. Sarà quest'elemento in comune che permetterà il loro incontro e che li aiuterà, da anime solitarie perse nel dubbio, a ritrovare certezze ed emozioni vere come quelle dell'amore.

Reduce dal successo ottenuto con "Il giardino delle vergine suicide" del 1999 Sofia Coppola, talentuosa regista, figlia del più celebre Francis.F., conferma con Lost in Traslation il suo talento.

Sono troppi gli elementi che fanno di Lost in Translation (mi riferirò al film sempre col titolo originale, in quanto quello in lingua italiana, come succede con molti altri film, è pessimo) un buon film. La storia che nasce tra i due protagonisti potrà non essere originale nella parte iniziale, ma la scelta di non farla culminare col rapporto sessuale è apprezzabile e dà al film un tono diverso dalle solite commedie sentimentali. 
Sullo sfondo di una Tokyo mostrata a 360° dalla regista, dalle scene notturne ai momenti appena precedenti l'alba, e protagonista quanto i due attori principali, nasce il sentimento dei due protagonisti. Sentimento vero, forte, autentico, fatto di sguardi, di silenzi, di dolcezza, di intimità interiore. Dolcissima la scena in cui si trovano a casa di amici a cantare con il karaoke in cui un Murray triste e malinconio regala un momento di pura emozione interpretando "More than this". Ed è questa la sensazione che si prova guardano il film, l' emozione di trovarsi di fronte a qualcosa di privato, di intimo che fa rimanere col fiato sospeso fino alla fine. Bob e Charlotte si incontrano, si sfiorano, si capiscono, ma non si uniscono mai. E se da un lato ciò potrebbe dispiacere, dall'altro sarà proprio questa situazione che permetterà al loro desiderio, al loro amore di non morire mai e di rimanere in eterno.
Bill Murray e Scarlet Johansson sono perfetti per le rispettive parti. Murray ormai non ha bisogno di commenti, la Johansson invece merita i complimenti in una, probabilmente, delle migliori interpretazioni della sua carriera.
Ma Lost in Translation è il film di anche un altro incontro, quello della civiltà occidentale con il mondo orientale che la regista a volte affronta anche con un leggero sarcasmo. Impossibile non trovare divertenti le molte situazioni in cui Bob "Murray" Harris viene a contatto con tale mondo. La scena in cui si gira lo spot ed imita Roger Moore in 007 è da antologia del cinema.

Come non parlare della colonna sonora. Accurata e adatta in ad ogni momento del film, spazia da vecchi acclamati successi, a brani più particolari e ricercati.

Film di una semplicità unica ma al contempo magico, poetico, in cui le emozioni fanno da padrone. Capisco che a molti non potrà piacere, ma merita di essere visto almeno una volta, perchè l'obiettivo della regista è chiaro "ritrovare se stessi" e al giorno d'oggi è cosa sempre più attuale.

venerdì 7 novembre 2008

E tu...chi preferisci?

Contemporaneamente all'uscita nelle sale cinematografiche dell'ultimo 007 "Quantum of Solace", vi propongo un sondaggio (nella colonnina di sinistra) sul miglior 007 di sempre. Partecipate numerosi.

-Sean Connery






-George Lazenby










-Timothy Dalton









-Roger Moore








-Pierce Brosnan








-Daniel Craig



sabato 1 novembre 2008

Pride and Glory - Il prezzo dell'onore - di Gavin O'Connor (2008) ***

Genere: thriller/poliziesco
regia: Gavin O’Connor
anno: 2008
durata: 130’
titolo originale: Pride and Glory
cast: Edward Norton, Colin Farrell, Noah Emmerich, Jon Voight, John Ortiz, Frank Grillo, Jennifer Ehle
la battuta: "Quello che fa sembrare i poliziotti colpevoli non va bene"

la curiosità: Presentato in concorso nell'edizione 2008 del Festival
internazionale del Film di Roma.

Tra i film più attesi dell’edizione 2008 del Festival di Roma questo “Pride and glory” firmato Gavin O’Connor…


Durante una sera invernale prossima al Natale quattro poliziotti della squadra narcotici rimangono uccisi in un agguato.
Capo della squadra narcotici è Francis Tierney (Noah Emmercih), figlio del capo della sezione di Manhattan Francis Senior (Jon Voight) e fratello dell’ ex-membro delle forze armate Raymond Tierney (Edward Norton).
Fuori dall’attività da oltre due anni, Ray accetta, su richiesta del padre, di mettersi al comando della task force del caso per trovare il colpevole di un così orribile sterminio.
Restio alla indagini, poiché i poliziotti deceduti erano sotto il comando del fratello e al fianco del cognato Jimmy (Colin Farell), Ray seguirà la sua pista che lo porterà a scoprire qualcosa che non avrebbe mai pensato….

Come tutti gli ultimi thriller/polizieschi che si sono susseguiti negli ultimi anni, da “I padroni della notte” a “The Departed” fino alla recente “La notte non aspetta”, anche Pride and Glory sceglie di raccontare il mondo della corruzione all’interno della polizia.
Poliziotti dai grandi valori che per avidità, fama di potere, possibilità di far carriera, decidono di scendere a compromessi col lato oscuro. Lato oscuro che sin da piccoli sognavano di combattere con tutti i mezzi.
Ma Ray non accetta tutto ciò. A distanza di due anni da un evento che lo vide protagonista in negativo e che lo convinse a lasciare il corpo di polizia, ora sente il bisogno di fare ciò che è giusto anche a costo di distruggere tutto ciò per cui si è lavorato per anni.

Su questo cupo scenario, con ambietazione prevalentemente notturna, si trovano ad agire i personaggi, con i loro dubbi e le loro incertezze.
Essere leali verso quell’istituzione verso cui si è scelto di giurare fedeltà assoluta o lasciarsi sedurre dal lato oscuro che potrebbe facilitare tutto? La via più lunga o la strada più breve? E’ questo il dubbio che martella i nostri protagonisti lungo l’intera durata del film, ma alla fine la risposta può essere soltanto una. E ognuno prenderà la propria decisione.

Che si abbia l’impressione di trovarsi di fronte a qualcosa di già visto è normale. I film di tale genere sono molti e trovare qualcosa di originale è sempre più difficile. Il film è abbastanza lineare, non tenta soluzioni nuove ma ,nonostante questo, rimane un prodotto di alta professionalità e qualità che, nonostante i 130 minuti e un inizio un po’ lento, scorre bene dando un buono spettacolo.

Qualità garantita in grande parte dal cast stellare a disposzione del regista. Ed Norton col suo fascino intelligente e malinconico si conferma attore poliedrico di grande spessore. Noah Emmerich si dimostra al livello del suo collega. A completare il quadro un sempre arzillo Jon Voight e Colin Farrel, quest’ultimo in pista con un ruolo ancora diverso dagli altri suoi film.



domenica 19 ottobre 2008

mercoledì 15 ottobre 2008

Miracolo a Sant'Anna ** 1/2

genere: azione/drammatico/thriller/guerra
regia: Spike Lee
anno: 2008
durata: 160'
titolo originale: Miracle at St. Anna
cast: Derek Luke, Michael Ealy, Laz Alonso, Omar Benson Miller, Pierfrancesco Favino, Matteo Sciabordi, Valentina Cervi, John Turturro, John Leguziano, Omero Antonutti.
la curiosità: Naomi Campbell "ha rischiato" di essere inserita nel cast del film. Fortunatamente ciò non è più accaduto.


Preceduto da giorni e giorni di lunga polemica arriva nelle nostre sale uno dei film più discussi degli ultimi tempi....


Settembre 1944, Toscana.
La 92 esima divisione "Buffalo Soldier", composta interamente da soldati di colore viene quasi completamente massacrata dai tedeschi lungo il fiume Serchio.
Sono 4 i soldati sopravvissuti a tale scontro e riusciti ad attraversare il fiume. Nel giro di poche troveranno un bambino che decideranno di salvare e portare al più presto in un luogo sicuro. Sarà questo il motivo che condurrà i 4 soldati (Stamps, Bishop, Hector e Train) e il piccolo Angelo in un paesino sperduto tra le montagne toscane in attesa di nuove istruzioni dal comando.


Produzione per metà americana e metà italiana (On my own di Roberto Cicutto e Luigi Musini, Rai Cinema, Spike Lee e il sostegno della regione Toscana), l'ultimo film del regista di Atlanta si lascia vedere ma delude in gran parte le attese.

Il film parte molto bene.
1984. A rompere l'iniziale armonia dello spettatore è un imprevedibile colpo di scena che lascia tutti stupefatti. Da quel momento sino alla fine il film si svilupperà a modo di puzzle ossia spiegando, tramite un tuffo nel passato, le cause che hanno portato a tale avvenimento.
Eccezion fatta per i minuti iniziali, tutta la prima parte del film risulta essere caratterizzata da un' eccessiva lentezza. Alcune scene, neanche di fondamentale importanza sembrano interminabili.
A una prima lenta parte corrisponde invece una seconda parte molto più avvincente ed emozionante.

Costruito volutamente per avere un forte effetto visivo ed emotivo, il film da quel punto di vista si può dire sicuramente riuscito in quanto di fronte a certe scene, a certi sguardi, rimane difficile per qualunque essere umano dotato di un minimo di sensibilità, non commuoversi.
Difetto del film è senz'altro il fatto di affrontare, oltre alla tematicha principale della guerra, tutta una serie di argomenti secondari ruotanti intorno a quest' ultima.
Primo su tutti il tema del razzismo. D'altronde chi conosce un minimo Spike Lee sa che in tutti i suoi film non manca mai una forte denuncia riguardo ciò. Anche in Miracolo a Sant' Anna Lee sottolinea l'intolleranza americana, e non italiana nei confronti dei Buffalo Soldiers.
E ancora si parla di religione con conseguente digressione, tramite una discussione tra un soldato credente e uno non credente sull'esistenza o meno di Dio.
Ma non è finita. Si parla anche della famiglia. Della famiglia partigiana in questo caso e dei relativi rapporti.
Non mancano poi i tentati dibattiti tra l'ideologia fascista e la lotta partigiana.
Insomma di tutto e di più. Un mettere tanta carne al fuoco che sicuramente non avvantaggia il film.

Nonostante il lungo elenco di attori e comparse i personaggi risultano essere abbastanza caratterizzati.
Altra nota negativa è il dialogo, per la maggior parte delle volte scontato e banale, caratterizzato dai soliti luoghi comuni. Senza contare alcune scene surreali: vedi tedesco che regala una pistola a un americano.
Altro fatto irritante è la costruzione del binomio soldato Train-Angelo. Tutto sembra già visto. Si ha l'impressione di rivedere Forrest Gump (il soldato Train che si affeziona al bambino ricorda Tom Hanks) e la Vita è Bella (per quanto riguarda il bambino).
Ultimo punto interrogativo riguarda la lingua parlata, la comunicazione tra i personaggi. Non si sa come ma i fiorentini nel film comprendono a meraviglia l'inglese e viceversa. Persino il piccolo Angelo di 8 anni non ha problemi a dialogare con i soldati. Cosa un pò bizzara e alquanto imbarazzante dato che bastava accompagnare una comunicazione più difficoltosa dall'utilizzo del linguaggio del corpo.

Altra nota di demerito riguarda il cast. Attenzione, non che il film sia privo di attori di valore, vedi John Turturro, Luigi Lo Cascio, Pierfrancesco Favino (miglior attore del film), tuttavia questi nell'arco di tutto il film ricoprono parti minime. Gli attori di maggior presenza invece sono tutti sconosciuti e scelti personalmente da Spike Lee. Su tutti il piccolo Matteo Sciabordi nei panni di Angelo.

Spike, stavolta il miracolo non t'è riuscito.


giovedì 2 ottobre 2008

The Mist ***

genere: horror/fantascienza/thriller
regia: Frank Darabont
anno:
2007
durata:
126'
titolo originale: Stephen King’s The Mist
cast:
Thomas Jane, Marcia Gay Harden, Laurie Holden, Andre Braugher, William Sadler, Toby Jones, Nathan Gamble
la battuta:
"Portaci almeno dove c'è meno nebbia"





Dal regista de " Il miglio verde" e "Le ali della libertà", un nuovo horror tratto da un libro di Stephen King....



Una terribile tempesta colpisce una piccola cittadina del Maine. Qui vive David Drayton, disegnatore di locandine per Hollywood, con sua moglie e suo figlio Billy. All'indomani della furiosa bufera David si reca in paese accompagnato dal figlio e dal vicino Brent per comperare viveri e attrezzi al fine di riparare i numerosi danni avvenuti nella notte.
Giunti al supermercato si renderanno presto conto che un' insolita nebbia ha invaso il paese e circonda completamente il supermercato nascondendo al proprio interno creaure demoniache pronte ad assalire il negozio.
Partirà da qui la lotta alla sopravvivenza di un nutrito gruppo di persone le quali però incontreranno non pochi ostacoli.

Con questa pellicola risorge in parte un genere che negli ultimi anni è stato sempre più oggetto di prodotti qualitativamente scadenti per usare un eufemismo.

In questa ennesima trasposizione di un' opera del maestro del terrore, Frank Darabont utilizza tutti gli strumenti giusti per creare un buon film di tale genere.
Innanzitutto il luogo. Il supermercato, dove si svolge la maggior parte del film, è perfetto per la sensazione claustrofobica che, grazie anche all'aiuto della fotografia a rendere tutto pù afoso, si avverte sin dall'inizio.
In secondo luogo i personaggi. Trovandoci in un supermercato la situazione offre un'ampia gamma di personaggi: da camionisti bifolchi, a scettici incalliti, commesse innamorate, forze dell'ordine, anziani, bambini fino a fanatici religiosi. E sarà proprio una fanatica religiosa, Mrs. Carmody, a creare più confusione di quanto già non ce ne fosse per la situazione in sè.
Interpretata da una Marcia Gay Harden (Into the wild, Mystic River, Pollock) in stato di grazia e sempre perfetta per i ruoli da disturbata, Mrs Carmdoy risulta essere uno dei personaggi più importanti nel corso della storia.

Approfittando infatti dello spavento generale, e aiutata dall'esatta previsione di ogni singolo avvenimento, riuscirà a creare intorno a sè una piccola congregazione di menti impaurite ormai prive di razionalità, rendendo ancor più instabile la situazione.
Palese in questo caso il messaggio del regista volto a sottolineare la bestialità dell'uomo in casi di cattività e a cosa sarebbe disposto a fare pur di sopravvivere.
Su questo sfondo, nei panni del buono di turno, troviamo Thomas Jane, discreto attore già visto nei panni di "The punisher".

Per quanto riguarda la colonna sonora è assente per quasi tutta la durata del film, tranne nel finale quando i Dead Can Dance regalano un'atmosfera a dir poco suggestiva.

Finale che farà molto discutere. Volutamente e coraggiosamente cambiato dal regista in accordo con lo stesso autore del romanzo King, il finale si rivela shoccante, cinico, forse non propriamente adatto, cattivo secondo alcuni punti di vista.

Sicuramente uno dei pochi horror che poi horror al 100% non è, che valga la pena vedere da vari anni a questa parte.

Nei cinema dal 10 Ottobre.


giovedì 18 settembre 2008

Spider *** 1/2

genere: drammatico/thriller
regia:
David Cronenberg

anno:
2002

durata:
98'

titolo originale:
Spider

cast:
Ralph Fiennes, Miranda Richardson, Gabriel Byrne, Lynn Redgrave

la battuta:
Gli abiti fanno l'uomo, e meno c'è l'uomo, più cresce il bisogno dell'abito.

curiosità:
presentato a Cannes nel 2002.




Tratto dal libro di Patrick McGrath, Spider è la storia di uomo affetto da schizofrenia la cui infanzia fu un giorno rovinata da un terribile avvenimento.


Spider, il cui nome reale è Dennis Cleg, viene accolto nelle battute iniziali del film in una casa di cura. In questa zona, dove tra l'altro lui è cresciuto, Spider rivivrà la sua infanzia tramite i suoi occhi di adulto e, con l'ausilio del suo fedele taccuino, cercherà di ricostruire gli avvenimenti della sua infanzia che l'hanno portato col finire in un manicomio.

In quest'opera Cronenberg si immerge nel mondo della psicologia (complesso di Edipo) e ne risulta perfetto conoscitore e descrittore.
Registicamente parlando Cronenberg è ottimo
come nella maggior parte dei suoi lavori anche recenti ("a history of violence", "la promessa dell'assassino").

Ogni inquadratura è studiata minuziosamente ed è una piccola opera d'arte. Molte volte si ha l'impressione di trovarsi di fronte a un quadro grazie anche all'intelligente uso della luce, di cui il regista è esperto intenditore.
Più che regista Cronenberg è
uno di quei casi in cui si può parlare realmente di artista.
Tutto il film è sviluppato sull'uso della tecnica del flashback e sull'intreccio dei piani temporali, presente e passato.
I dialoghi non sono presenti in maniera abbondante ma piuttosto sono brevi e incisivi. Basti pensare al protagonista che nel corso dell' intera pellicola si limita a continui borbottii, i quali, nonostante tutto, coinvolgono e rendono ancor meglio l'atmosfera caratteristica di Spider.

Il cast è adeguato al film. Ralph Fiennes è immenso nei panni di Spider; Miranda Richardson
nel doppio ruolo di madre/prostituta è altrettanto brava. Elogio pari a Ralph Fiennes merita Gabriel Bryne (già visto in "la maschera di ferro", "i soliti sospetti") in una di quella prove recitative che, per intensità ed emozioni, nobillitano una carriera (non che ne avesse bisogno).

Spider è un film da vedere tutto in una volta e che probabilmente si finisce con l'amare o con l'odiare.


Una cosa è però certa: se siete tra quelli che considerano American Pie un capolavoro questo film vi annoierà di sicuro.

mercoledì 3 settembre 2008

La formica rossa

Cortometraggio tratto dalla sit-com italiana "Boris"



Ringraziare voglio il divino
labirinto delle cause e degli effetti
per la diversità delle creature
che compongono questo universo singolare,
per la ragione, che non cesserà di sognare
un qualche disegno del labirinto,
per il viso di Elena e la perseveranza di Ulisse,
per l’amore, che ci fa vedere gli altri
come li vede la divinità,
per il saldo diamante e l’acqua sciolta
per l’algebra, palazzo di precisi cristalli,
per le mistiche monete di Angelus Silesius,
per Schopenhauer,
che forse decifrò l’universo,
per lo splendore del fuoco
che nessun essere umano può guardare
senza uno stupore antico

per il mogano, il sandalo e il cedro,
per il pane e il sale,
per il mistero della rosa
che prodiga colore e non lo vede,
per certe vigilie e giorni del 1955,
per i duri mandriani che nella pianura
aizzano le bestie e l’alba,
per il mattino a Montevideo,
per l’arte dell’amicizia,
per l’ultima giornata di Socrate,
per le parole che in un crepuscolo furono dette
da una croce all’altra,
per quel sogno dell’Islam che abbracciò
mille notti e una notte,
per quell’altro sogno dell’inferno,
della torre del fuoco che purifica,
e delle sfere gloriose,
per Swedenborg,
che conversava con gli angeli per le strade di Londra,
per i fiumi segreti e immemorabili
che convergono in me,
per la lingua che secoli fa parlai nella Northumbria,
per la spada e l’arpa dei sassoni,
per il mare, che è un deserto risplendente
e una cifra di cose che non sappiamo,
per la musica verbale d’Inghilterra,
per la musica verbale della Germania,
per l’oro che sfolgora nei versi,
per l’epico inverno
per il nome di un libro che non ho letto,

per Verlaine, innocente come gli uccelli,
per il prisma di cristallo e il peso d’ottone,
per le strisce della tigre,
per le alte torri di San Francisco e di Manhattan,
per il mattino nel Texas,
per quel sivigliano che stese l’Epistola Morale,
e il cui nome, come preferiva, ignoriamo,
per Seneca e Lucano, di Cordova,
che prima dello spagnolo
scrissero tutta la letteratura spagnola,
per il geometrico e bizzarro gioco degli scacchi,
per la tartaruga di Zenone e la mappa di Royce,
per l’odore medicinale degli eucalipti,
per il linguaggio, che può simulare la sapienza,
per l’oblio, che annulla o modifica i passati,
per la consuetudine,
che ci ripete e ci conferma come uno specchio,
per il mattino, che ci procura l’illusione di un principio,
per la notte, le sue tenebre e la sua astronomia,
per il coraggio e la felicità degli altri,
per la patria, sentita nei gelsomini
o in una vecchia spada,
per Whitman e Francesco d’Assisi che scrissero già
questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e si confonde con la somma delle creature
e non arriverà mai all’ultimo verso
e cambia secondo gli uomini,
per Frances Haslam, che chiese perdono ai suoi figli
perché moriva così lentamente,
per i minuti che precedono il sonno,
per il sonno e la morte,
quei due tesori occulti,
per gli intimi doni che non elenco,
per questa musica, misteriosa forma del tempo.

Jorge Luis Borges
Un’altra poesia dei doni (da L’altro, lo stesso)

lunedì 1 settembre 2008

Requiem for a dream ****

Requiem for a dream
genere: drammatico 
regia: Darren Aronofwsky
anno: 2000
durata: 102'
titolo originale: Requiem for a dream
cast: Ellen Burstyn, Jared Leto, Jennifer Connelly, Marlon Wayans, Christopher McDonald, Keith David.
la battuta: Perché continui a digrignare i denti mamma? Che pasticche ti ha dato quel dottore?








"Requiem for a dream" è la storia di 4 vite, ognuna differente dall'altra, ma con uno scopo comune, raggiungere un futuro migliore, il successo.

Sara è una vecchia casalinga vedova ormai sola e resa da questa situazione sempre più apatica e alienata dal mondo. Harry, suo figlio, è un giovane ragazzo depresso che per rendere meno triste e malinconica la sua vita è continuamente alla ricerca di droghe. A dividere con lui questa situazione sono la ragazza Maryon e il suo miglior amico Tyron.
La monotonia di queste 4 vite un giorno però cambierà...
Sara, contattata da un operatore per una sua eventuale partecipazione in un programma televisivo, ritrova l'entusiasmo e la felicità persi da tempo. Con la speranza o addirittura la certezza di aver raggiunto un traguardo immaginato per tanto tempo Sara decide di frequentare un medico alquanto vergognoso, il quale le prescriverà senza problemi delle "pillole" che solamente più tardi si scoprirà essere anfetamine. Sara ne diventerà dipendente causando in lei allucinazioni paradossali, fino al delirio puro.
Harry, con la speranza di regalare una vita migliore per lui e sua madre decide di gettarsi con Tyrone e Maryon nel mercato della droga. La loro avventura inizierà bene, ma, causa un avvenimento inaspettato, giungerà a un totale fallimento che coinciderà con la fine dei loro rapporti di amicizia e amore. 

Il film racconta il lato scuro dell'America, quella parte in cui il famoso "american dream" non si realizza. E il tutto è reso meravigliosamente bene. Domina il realismo più totale. Scene crude. vere che rendono nel miglior modo possibile la vita di molti govani al giorno d'oggi.
Aronofwsky rende perfettamente il mondo della droga e i suoi effetti. I protagonisti del film, facendone continuamente uso, mettono in luce tutta la loro fragilità prima della loro autodistruzione in un finale cupo, buio, dove non trapela nemmeno una flebile speranza di rinascita.
Potrebbe venir naturale il confronto con il "Trainspotting" (1996) di Danny Boyle, ma mentre quest'ultimo potrebbe risultare un po' falsotto, la pellicola di Aronofwsky è da considerarsi di maggior livello su tutta la linea.

La regia di Aronofwsky è a dir poco spettacolare. Il regista statunitense crea inquadrature e sequenze, molte volte ripetute, memorabili, affascinanti all'occhio e mai noiose, sempre cariche del ritmo giusto.
Il cast è portatore di una prestazione da elogi. Su tutti Ellen Burstyn. Nei panni di Sara per tutta la durata della pellicola rende perfettamente tutti gli stati d'animo del personaggio, dalla tristezza all'entusiasmo spasmodico, dalla frustazione al delirio puro.
Jared Leto (Harry) e Jennifer Connelly (Maryon) tengono bene il passo. Marlon Wayans (Tyrone) non si fa disprezzare.
Colonna sonora lenta e inquietante, perfetta per l'argomento trattato e per il ritmo delle sequenze. Complimenti a Clint Masell.
Fotografia altrettanto superba, sopratutto per quanto riguarda il finale, molto carico visivamente.

Requiem for a dream è un film vero, che colpisce, che fa male, coinvolge lo spettatore, lo trascina per forza di cose nella vita dei protagonisti, e nonostante il crescendo di immagini sempre più crude, non si può far a meno di guardare. 

"Requiem for a dream"...piccolo capolavoro di un grande regista troppo sottovalutato, in un cinema in cui oggi la gente più inetta arriva al successo.

Incisivo.

Qui sotto alcune scene del film (non sono eccessivamente spoiler):

lunedì 7 luglio 2008

Estate

Ciao a tutti,

vi scrivo dopo un lungo periodo di circa un mese di inattività. Da un mese a questa parte infatti, causa esami e ripasso sfrenato di qualunque materia possibile, non ho potuto recensire alcun film nonostante comunque abbia continuato a visionarne.
Tra tutti cito il nuovo Marvel firmato E.Norton-L.Leterriere "L'incredibile Hulk", sicuramente migliore del precedente di Ang Lee.
E ancora Oxford Murders- Teorema di un delitto con il noto Frodo (EliJah Wood) della Trilogia di Tolkien per gli amanti della matematica e della scienza tutta. Pellicola che però per molti versi non mi ha convinto.
Degno di nota sicuramente anche l'ultimo lavoro di Wes Anderson "Il treno per il Darjeeling".
Inoltre consiglio l'affascinante In Bruges - Nella coscienza dell'assassino. Colin Farrel, Brendan Gleeson e Ralph Fiennes valgono da soli il prezzo del biglietto. Film molto interessante che affascina.
Tutto ciò aspettando il film più atteso almeno dal sottoscritto: Batman - Il cavaliere oscuro, in uscita il 23 Luglio. Secondo episodio della saga firmata Christopher Nolan. Con un Heath Ledger da probabile oscar.

Detto ciò, come avrete capito dalla premessa, le vacanze per me iniziano solamente da oggi. Trasferendomi in una località marina priva di computer mi sarà difficile recensire ma non è escluso che, in qualche modo, riesca, saltuariamente, a farmi sentire ai miei 25 lettori.
Per cui vi lascio augurandovi una buona estate.


domenica 8 giugno 2008

Reservation road ***


Storia di un profondo dramma familiare. Di ritorno da un match di baseball col figlioletto Lucas, Dwight (Mark Ruffalo)
vedrà in una notte cambiare la sua vita....



Dwight è il padre di Lucas, quarantenne separato dopo 8 anni di matrimonio dalla moglie Ruth. La grande passione che accomuna padre e figlio è il baseball e in particolare la squadra dei Red Socks. Di ritorno da una partita i due fanno tardi nel tornare a casa e così sopraggiunge la notte. Parallelamente si sviluppa la storia di un'altra famiglia, tradizionale e ben collaudata. Ethan (Joaquin Phoenix) e Grace (Jennifer Connely) sono i genitori di Emma e Josh. A loro insaputa le storie di queste due famiglie finiranno inevitabilmente con l'intrecciarsi. Percorrendo la Reservation Road infatti Dwight, distratto dagli abbaglianti di un camion, finirà per colpire a grande velocità il piccolo Josh che si trovava in prossimità del ciglio della destra per liberare delle lucciole catturate in precedenza. Affidato il caso alla polizia, trascorreranno mesi senza arrivare a nessuna conclusione. Ethan a quel punto, in preda alla rabbia e alla vendetta, deciderà di intraprendere una giustizia personale cominciando delle personali ricerche...
Terry George che già ci aveva fatto piangere con Hotel Rwanda nel 2004 ritorna 3 anni dopo con un altro dramma altrettanto commovente e dilaniante. 
Questa volta il film non ruota attorno a polemiche razziali e alla guerra bensì ad una situazione quotidiana, di quelle che possono capitare ogni giorno a chiunque di noi. Un lutto è sempre difficile da affrontare e se si tratta di un bambino di appena 10 anni a volte risulta ancor più doloroso.
Questa è la situazione di Ethan, padre legatissimo al proprio figlio e alla famiglia tutta.
La storia mette a confronto queste due famiglie come facce di una stessa medaglia con i relativi rapporti padre figlio particolarmente sottolineati.
Da una parte la tradizionale famiglia felice e serena, dall'altra un divorzio che nonostante tutto non finisce per intaccare il legame tra padre e figlio.
Il film è incentrato principalmente sulla tecnica della suspence.
I fatti si conoscono sin dall'inizio quindi lo spettatore non deve scoprire nulla di nuovo ma semplicemente aspettare il dispiegarsi degli eventi e delle future possibili reazioni da parte dei protagonisti incriminati.
Onore e meriti al regista che riesce come sempre a contraddistinguere le sue pellicole con le emozioni personali ed intime dei singoli personaggi approfondendo la loro parte psicologica. Meriti però anche allo stupenda recitazione del cast principale.
Joaquin Phoenix e Mark Ruffalo sono uno spettacolo nell' interpretare il primo, un padre accecato dalla rabbia e dalla vendetta per il vuoto lasciato dentro di lui dalla scomparsa del figlio, il secondo un padre altrettanto buono ma mangiato interiormente dal rimorso e dalla colpa. Jennifer Connely nella parte della fragile moglie di Ethan regala anche lei una buona prestazione recitativa.
Il tema è quindi quello della morte. Della morte su strada nel caso specifico. Come già in Hotel Rwanda è possibile leggere dietro la regia un intento di denuncia verso questo tipo di accadimenti che la maggior parte delle volte tendono a premiare i colpevoli e a non tutelare maggiormente le vittime.
Promosso.

martedì 27 maggio 2008

Be kind rewind *** 1/2

Dopo "L'arte del sogno" e "Se mi lasci ti cancello", Michel Gondry torna con una commedia surreale e divertente per adulti e bambini....





La storia è quella di due amici: Mike (Mos Def) e Jerry interpretato da un Jack Black sempre più bravo e sempre più trascinatore. Mike lavora in un negozio di noleggio di casette (VHS) di proprietà del signor Fletcher (Danny Glover), grande fan di Fats Waller. Jerry, suo amico di vecchia data è il meccanico della città e teme costantemente le radiazioni della centrale elettrica adiacente la sua officina.

Convinto della negatività della centrale, una sera, nel tentativo di sabotarla subisce un incidente che probabilmente non si sarebbe mai aspettato....
Jerry rimarrà magnetizzato dal tentativo fallito e ciò porterà alla cancellazione di tutte le cassette una volta entrato nel negozio dell'amico.
Da qui l'intreccio del film che il regista sviluppa facendo "maroccare" ai protagonisti i film ordinatigli dalla gente del paese. I loro remake avranno un successo insperato e i concittadini cominceranno a partecipare in qualità di attori. Ma c'è un altro problema all'orizzonte: una società immobiliare è intenta ad abbattere l'edificio della videoteca per questioni di sicurezza. Conosceranno tra gli altri Alma (Melonie Diaz), una bella ragazza che li accompegnerà fino alla fine del film per il raggiungimento del loro obiettivo: guadagnare abbastanza per impedire la demolizione e avviare la ristrutturazione dell'edificio.
Michel Gondry realizza un film originale caratterizzato da personaggi ben riusciti e dialoghi semplici ma al contempo divertenti e azzeccati.
Così, se la prima impressione può essere quella di un film che spinga sul demenziale, la bravura e le scelte del regista fanno si che si ottenga, al contrario, un prodotto di qualità.
A momenti particolarmente esilaranti, come le scene in cui i protagonisti creano i loro personali remake di Ghostbuster e Robocop, si susseguono, anche se magari velati, temi più profondi. Uno su tutti il cinema visto come forma di aggregazione sociale e non solo. Come strumento che, seppur genaratore di storie fittizie, è in grado di distoglierci dai nostri problemi quotidiani e di farci sognare, seppur per poco. Il regista esplica ciò in tutta la sequenza finale del film che, seppur giudicabile "furba", è resa con tale eleganza e raffinatezza da far metter d'accordo tutti.
Regia quindi promossa come tutto il cast principale ( da citare anche la partecipazione di Sigourney Weaver nei panni di un'antipatica immobiliare) per una storia che diverte e commuove rendendo piacevole la visione e facendo trascorrere una bella serata in compagnia.

sabato 24 maggio 2008

Anteprima "L'incredibile Hulk"


Eccolo, di nuovo, più verde che mai!
A distanza di cinque anni dal film diretto da Ang Lee con Eric Bana nei panni di Hulk, torna l'eroe dei fumetti che tante generazioni ha fatto impazzire.
Alla regia stavolta il giovane Louis Leterrier (Transporter, Transporter II, Danny the dog) e nei panni di Bruce Banner il polivalente e particolarmente amato dal sottoscritto, Edward Norton.
Stavolta Bruce sarà alla ricerca della tanto desiderata cura per annullare gli effetti della radizazioni gamma che hanno infettato le sue cellule, scatenando la sua nota forza.
Obbligato a vivere nell'ombra lontano dalla donna amata, Betty Ross (Liv Tyler), Bruce lotta per sfuggire alla sua nemesi, il generale Thunderbolt Ross (William Hurt) ossessionato dalla sua cattura.
Parallelamente a questo filo conduttore i tre dovranno vedersela con un altro nemico, la cui forza è paragonabile solo a quella di Hulk....
L'uscita è prevista per il prossimo 18 giugno e già si prevede un grande successo contrariamente al precedente film del 2003 che deluse economicamente e qualitativamente.

Ecco il trailer italiano:

domenica 11 maggio 2008

Saw IV **

Il film riparte dal terzo capitolo cui evento principale aveva visto la morte del protagonista: Jigsaw, l'enigmista e della sua complice Amanda. Ma come dice l'ormai noto motto "il gioco continua..", conosciuto nel corso di questi anni, anche la saga apre un nuovo capitolo...

Il film inizia con un' autopsia molto invasiva allo stesso Jigsaw grazie alla quale si viene a scoprire che il ricercato criminale, non aveva detto tutto quello che avrebbe voluto.
Il primo a trovare l'audio casetta è il sergente Hoffman, ma ne pagherà ben più pesanti conseguenze il collega Rigg, accusato dall' enigmista circa la sua ossessione di voler salvare sempre e comunque chiunque si trovi in pericolo. Il sergente Rigg verrà infatti rapito e sarà costretto ad affrontare una dopo l'altra le terribili trappole create dall'enigmista al fine di salvare la vita del suo collega. Diretto per la terza volta da Darren Lynn Bousman il quarto capitolo della saga horror più fortunata dell'ultimo decennio continua, in seguito al terzo capitolo, ad allontanarsi ancora di più dall'idea intrigante e avvincente iniziale avuta da James Wan nel non troppo lontano 2004.
Il film, diventato quasi un cult per il popolo di internet, ed erede di saghe horror quali Halloween e Nightmare, continua a catalizzare l'attenzione per gli ingegnosi, quanto poco probabili, macchinari creati dall'enigmista per torturare i protagonisti.
Violenza e sangue assicurati a non finire in questa pellicola splatter. Saw infatti non gioca sul vedere/non vedere ma mostra tutto interamente dando una sorta di vertigine nauseante anche per la ricorrenza di scene di tal tipo.
In questo quarto capitolo il regista ci svela dubbi e misteri rimasti irrisolti nel film precedente. Su tutti la presentazione della moglie del famoso assassino.Tuttavia se non lo avesse fatto probabilmente sarebbe stato meglio.
Questo Saw IV infatti si perde in quella che è la caratteristica che lo ha reso popolare: il colpo di scena.
L'effetto sorpresa non è più gestito bene e seguire gli intrecci creati dal regista, la maggior parte delle volte eccessivi, diventà impresa ardua. Lo stile di Bousman si rivela perciò confusionario, caratterizzato da un montaggio altrettanto caotico che contribuisce ad innervosire lo spettatore. Senza contare la crescente banalità della trama.
Tutto questo a dimostrare come da un'idea intelligente si sia evoluti verso un prodotto di natura puramente commerciale.

Usciti dalle sale si rimane con davvero poco di questo Saw IV che, se non per alcune scene macabre rese con particolare realismo e orrore, regala poco al pubblico.

E che le idee cominciassero a mancare si poteva forse intuire dalla scelta del regista di uccidere
nell 'episodio precedente lo stesso protagonista.
E in America è quasi pronto il V capitolo....


Qui un piccolo sunto della scena iniziale del film: Video