giovedì 18 settembre 2008

Spider *** 1/2

genere: drammatico/thriller
regia:
David Cronenberg

anno:
2002

durata:
98'

titolo originale:
Spider

cast:
Ralph Fiennes, Miranda Richardson, Gabriel Byrne, Lynn Redgrave

la battuta:
Gli abiti fanno l'uomo, e meno c'è l'uomo, più cresce il bisogno dell'abito.

curiosità:
presentato a Cannes nel 2002.




Tratto dal libro di Patrick McGrath, Spider è la storia di uomo affetto da schizofrenia la cui infanzia fu un giorno rovinata da un terribile avvenimento.


Spider, il cui nome reale è Dennis Cleg, viene accolto nelle battute iniziali del film in una casa di cura. In questa zona, dove tra l'altro lui è cresciuto, Spider rivivrà la sua infanzia tramite i suoi occhi di adulto e, con l'ausilio del suo fedele taccuino, cercherà di ricostruire gli avvenimenti della sua infanzia che l'hanno portato col finire in un manicomio.

In quest'opera Cronenberg si immerge nel mondo della psicologia (complesso di Edipo) e ne risulta perfetto conoscitore e descrittore.
Registicamente parlando Cronenberg è ottimo
come nella maggior parte dei suoi lavori anche recenti ("a history of violence", "la promessa dell'assassino").

Ogni inquadratura è studiata minuziosamente ed è una piccola opera d'arte. Molte volte si ha l'impressione di trovarsi di fronte a un quadro grazie anche all'intelligente uso della luce, di cui il regista è esperto intenditore.
Più che regista Cronenberg è
uno di quei casi in cui si può parlare realmente di artista.
Tutto il film è sviluppato sull'uso della tecnica del flashback e sull'intreccio dei piani temporali, presente e passato.
I dialoghi non sono presenti in maniera abbondante ma piuttosto sono brevi e incisivi. Basti pensare al protagonista che nel corso dell' intera pellicola si limita a continui borbottii, i quali, nonostante tutto, coinvolgono e rendono ancor meglio l'atmosfera caratteristica di Spider.

Il cast è adeguato al film. Ralph Fiennes è immenso nei panni di Spider; Miranda Richardson
nel doppio ruolo di madre/prostituta è altrettanto brava. Elogio pari a Ralph Fiennes merita Gabriel Bryne (già visto in "la maschera di ferro", "i soliti sospetti") in una di quella prove recitative che, per intensità ed emozioni, nobillitano una carriera (non che ne avesse bisogno).

Spider è un film da vedere tutto in una volta e che probabilmente si finisce con l'amare o con l'odiare.


Una cosa è però certa: se siete tra quelli che considerano American Pie un capolavoro questo film vi annoierà di sicuro.

mercoledì 3 settembre 2008

La formica rossa

Cortometraggio tratto dalla sit-com italiana "Boris"



Ringraziare voglio il divino
labirinto delle cause e degli effetti
per la diversità delle creature
che compongono questo universo singolare,
per la ragione, che non cesserà di sognare
un qualche disegno del labirinto,
per il viso di Elena e la perseveranza di Ulisse,
per l’amore, che ci fa vedere gli altri
come li vede la divinità,
per il saldo diamante e l’acqua sciolta
per l’algebra, palazzo di precisi cristalli,
per le mistiche monete di Angelus Silesius,
per Schopenhauer,
che forse decifrò l’universo,
per lo splendore del fuoco
che nessun essere umano può guardare
senza uno stupore antico

per il mogano, il sandalo e il cedro,
per il pane e il sale,
per il mistero della rosa
che prodiga colore e non lo vede,
per certe vigilie e giorni del 1955,
per i duri mandriani che nella pianura
aizzano le bestie e l’alba,
per il mattino a Montevideo,
per l’arte dell’amicizia,
per l’ultima giornata di Socrate,
per le parole che in un crepuscolo furono dette
da una croce all’altra,
per quel sogno dell’Islam che abbracciò
mille notti e una notte,
per quell’altro sogno dell’inferno,
della torre del fuoco che purifica,
e delle sfere gloriose,
per Swedenborg,
che conversava con gli angeli per le strade di Londra,
per i fiumi segreti e immemorabili
che convergono in me,
per la lingua che secoli fa parlai nella Northumbria,
per la spada e l’arpa dei sassoni,
per il mare, che è un deserto risplendente
e una cifra di cose che non sappiamo,
per la musica verbale d’Inghilterra,
per la musica verbale della Germania,
per l’oro che sfolgora nei versi,
per l’epico inverno
per il nome di un libro che non ho letto,

per Verlaine, innocente come gli uccelli,
per il prisma di cristallo e il peso d’ottone,
per le strisce della tigre,
per le alte torri di San Francisco e di Manhattan,
per il mattino nel Texas,
per quel sivigliano che stese l’Epistola Morale,
e il cui nome, come preferiva, ignoriamo,
per Seneca e Lucano, di Cordova,
che prima dello spagnolo
scrissero tutta la letteratura spagnola,
per il geometrico e bizzarro gioco degli scacchi,
per la tartaruga di Zenone e la mappa di Royce,
per l’odore medicinale degli eucalipti,
per il linguaggio, che può simulare la sapienza,
per l’oblio, che annulla o modifica i passati,
per la consuetudine,
che ci ripete e ci conferma come uno specchio,
per il mattino, che ci procura l’illusione di un principio,
per la notte, le sue tenebre e la sua astronomia,
per il coraggio e la felicità degli altri,
per la patria, sentita nei gelsomini
o in una vecchia spada,
per Whitman e Francesco d’Assisi che scrissero già
questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e si confonde con la somma delle creature
e non arriverà mai all’ultimo verso
e cambia secondo gli uomini,
per Frances Haslam, che chiese perdono ai suoi figli
perché moriva così lentamente,
per i minuti che precedono il sonno,
per il sonno e la morte,
quei due tesori occulti,
per gli intimi doni che non elenco,
per questa musica, misteriosa forma del tempo.

Jorge Luis Borges
Un’altra poesia dei doni (da L’altro, lo stesso)

lunedì 1 settembre 2008

Requiem for a dream ****

Requiem for a dream
genere: drammatico 
regia: Darren Aronofwsky
anno: 2000
durata: 102'
titolo originale: Requiem for a dream
cast: Ellen Burstyn, Jared Leto, Jennifer Connelly, Marlon Wayans, Christopher McDonald, Keith David.
la battuta: Perché continui a digrignare i denti mamma? Che pasticche ti ha dato quel dottore?








"Requiem for a dream" è la storia di 4 vite, ognuna differente dall'altra, ma con uno scopo comune, raggiungere un futuro migliore, il successo.

Sara è una vecchia casalinga vedova ormai sola e resa da questa situazione sempre più apatica e alienata dal mondo. Harry, suo figlio, è un giovane ragazzo depresso che per rendere meno triste e malinconica la sua vita è continuamente alla ricerca di droghe. A dividere con lui questa situazione sono la ragazza Maryon e il suo miglior amico Tyron.
La monotonia di queste 4 vite un giorno però cambierà...
Sara, contattata da un operatore per una sua eventuale partecipazione in un programma televisivo, ritrova l'entusiasmo e la felicità persi da tempo. Con la speranza o addirittura la certezza di aver raggiunto un traguardo immaginato per tanto tempo Sara decide di frequentare un medico alquanto vergognoso, il quale le prescriverà senza problemi delle "pillole" che solamente più tardi si scoprirà essere anfetamine. Sara ne diventerà dipendente causando in lei allucinazioni paradossali, fino al delirio puro.
Harry, con la speranza di regalare una vita migliore per lui e sua madre decide di gettarsi con Tyrone e Maryon nel mercato della droga. La loro avventura inizierà bene, ma, causa un avvenimento inaspettato, giungerà a un totale fallimento che coinciderà con la fine dei loro rapporti di amicizia e amore. 

Il film racconta il lato scuro dell'America, quella parte in cui il famoso "american dream" non si realizza. E il tutto è reso meravigliosamente bene. Domina il realismo più totale. Scene crude. vere che rendono nel miglior modo possibile la vita di molti govani al giorno d'oggi.
Aronofwsky rende perfettamente il mondo della droga e i suoi effetti. I protagonisti del film, facendone continuamente uso, mettono in luce tutta la loro fragilità prima della loro autodistruzione in un finale cupo, buio, dove non trapela nemmeno una flebile speranza di rinascita.
Potrebbe venir naturale il confronto con il "Trainspotting" (1996) di Danny Boyle, ma mentre quest'ultimo potrebbe risultare un po' falsotto, la pellicola di Aronofwsky è da considerarsi di maggior livello su tutta la linea.

La regia di Aronofwsky è a dir poco spettacolare. Il regista statunitense crea inquadrature e sequenze, molte volte ripetute, memorabili, affascinanti all'occhio e mai noiose, sempre cariche del ritmo giusto.
Il cast è portatore di una prestazione da elogi. Su tutti Ellen Burstyn. Nei panni di Sara per tutta la durata della pellicola rende perfettamente tutti gli stati d'animo del personaggio, dalla tristezza all'entusiasmo spasmodico, dalla frustazione al delirio puro.
Jared Leto (Harry) e Jennifer Connelly (Maryon) tengono bene il passo. Marlon Wayans (Tyrone) non si fa disprezzare.
Colonna sonora lenta e inquietante, perfetta per l'argomento trattato e per il ritmo delle sequenze. Complimenti a Clint Masell.
Fotografia altrettanto superba, sopratutto per quanto riguarda il finale, molto carico visivamente.

Requiem for a dream è un film vero, che colpisce, che fa male, coinvolge lo spettatore, lo trascina per forza di cose nella vita dei protagonisti, e nonostante il crescendo di immagini sempre più crude, non si può far a meno di guardare. 

"Requiem for a dream"...piccolo capolavoro di un grande regista troppo sottovalutato, in un cinema in cui oggi la gente più inetta arriva al successo.

Incisivo.

Qui sotto alcune scene del film (non sono eccessivamente spoiler):