domenica 23 marzo 2008

I padroni della notte ***

New York, 1988. Il ricco e bello Bobby gestisce “El Caribe” un locale alla moda per conto della mafia dell’Est in compagnia della sua affascinante ragazza Amada; suo padre, Albert Grusinsky, ricopre la carica di vice-capo del dipartimento di polizia della città, suo fratello, seguendo le orme del padre, è anche lui un poliziotto di tutto rispetto. Il rapporto tra Bobby e gli altri due non è semplice e certamente non lo favoriscono le indagini che il fratello Joseph farà riguardo il suo locale per un pericoloso scambio di droga.

Le strade dei due fratelli finiranno inevitabilmente con l’incrociarsi e ciò li porterà a una rivalutazione del loro rapporto, in particolar modo Bobby si interrogherà su quale sia la sua vera strada.

Due fratelli e un padre. Ancora un volta, come succede spesso nei lavori degli ultimi anni, si ripropone il tema della famiglia.

Stavolta tocca a James Gray che dopo “The Yards”(2000) richiama, colpito dalla loro recitazione, Joaquin Phoenix e Mark Wahlberg.

Gray costruisce un buon film. L’idea che si ha appena terminata la visione è quella che il regista abbia avuto, sin da subit, l’intenzione di creare qualcosa di epico, che rimanesse nella storia. Si riescono a questo proposito a percepire anche influssi del grande cinema del passato relativi a questo genere come, ad esempio, quello di Scorsese. A parer mio non ci riesce totalmente. Tuttavia crea sequenze di notevole rilievo come quella dell’inseguimento sotto la pioggia destinata a rimanere nella storia. Quasi fumettistica in un certo senso. Costruisce quindi, nonostante tutto, un buon poliziesco anche se le scene e le sequenze caratteristiche di tal genere, non abbondano, sono a volte semplicemente accennate, lasciando più spazio a scene dialogate.

Molto buona la fotografia, come per la scena sopra citata, e musiche più che adeguate, soprattutto nelle scene di discomusic. (In particolare Blondie – Heart of glass).

Il film parte bene, Phoenix è convincente sin dalle prime battute, e alla prima mezz’ora corrisponde la caratterizzazione dei personaggi: da Bobby alla sua ragazza Amada, una Eva Mendes più bella che mai che non finisce per scadere nel luogo comune della bella e superficiale, ma interpreta molto bene il dramma vissuto da una donna la cui vita, in parallelo a quella del ragazzo, finisce inevitabilmente col procurarle dolore e continue sofferenze anche per l’andamento degli eventi. Robert Duvall come ogni personaggio che interpreta eccelle sempre, anche nei panni di questo padre autoritario inizialmente lodevole nei confronti del figlio Joseph ma che, al momento opportuno, ragiona e sa benevolmente apprezzare e, in alcuni casi, difendere l’altro figlio. L’unico appunto che si può fare circa il cast è forse la scelta di Mark Whalberg, ovviamente non per motivi tecnici, ha sicuramente del talento (veniva dal superbo “ The Departed”) ma forse per scelta del regista, non entra mai troppo nella storia e sembra quasi sprecato per quel ruolo.

In definitiva, buon poliziesco vecchio stampo.

venerdì 21 marzo 2008

Onora il padre e la madre ****


Piccolo magistrale capolavoro questo dell’ormai 83enne ma intramontabile Sidney Lumet.

Il regista americano torna sul grande schermo raccontando una tragedia familiare.

Questa è la storia di due fratelli, Andy e Hank Hanson, entrambi in grande crisi economica in momenti fondamentali delle proprie vite. Andy, il maggiore dei due escogita un piano a cui cerca sin da subito di far partecipare Hank. Andy decide di derubare una gioielleria a “conduzione familiare”, quella dei genitori. Non potendosi ormai tirare indietro, Hawk accondiscende al piano.
Avendo lavorato lì in passato e conoscendo allarmi, orari e telecamere a memoria, i due si preannunciano il colpo perfetto. Tuttavia qualcosa andrà storto e la situazione si complicherà….

Quella di “Onora il padre e la madre” è una storia dura, viscerale in cui emergono l’angoscia e il peccato di ogni singolo personaggio. Personaggi caratterizzati molto bene dal regista grazie anche alla tecnica su cui si basa il film, quella del flasback. Grazie a questa Lumet rende le sensazioni di ogni personaggio da più punti di vista, da diverse angolazioni e gli permette di costruire la storia pian piano, pezzo dopo pezzo fino poi a sfociare nel catartico finale. Inoltre Lumet riesce a non scadere in nessuna occasione nel retorico, mantenendo un tono equilibrato, lontano da facili moralismi, anche in una storia in cui l'essere umano si mostra in tutta la sua meschinità.

Ciò è dovuto anche al talentuoso cast su cui ha potuto fare affidamento. Primo su tutti il magistrale Philip Seymour Hoffman nei panni del meschino fratello maggiore capace di celarsi dietro la maschera dell’ordinarietà. Quest’ ultimo per quanto bravo ed espressivo potrebbe limitarsi a recitare usando sguardi e gesti rendendo vana la sceneggiatura. A fargli da spalla il dimesso Ethan Hawke e la sensuale Marisa Tomei, messa più volte “a nudo” dal regista di Philadelphia. Bravissimo infine, ma non lo scopriamo adesso, l’esperto Albert Finney nelle vesti del padre addolorato e trucidato dal dolore.

Lumet ci regala un gran bel film non solo per l’innegabile bravura tecnica e l’ottima interpretazione degli attori, ma anche perché racconta una storia attuale in un mondo in cui l’individualismo, l’ambizione, la cieca avidità e il solo interesse personale, abbattono, per la maggior parte delle volte, con successo, i veri valori della vita, finendo col prevalere anche sui rapporti familiari più cari. Questo ritengo sia il messaggio voluto farci pervenire dal regista: la natura complessa di uomini imperfetti.

Alcune immagini

giovedì 13 marzo 2008

Rec ***

"Pablo riprendi tutto"



Rec, questo è il titolo dell’ultimo lavoro del regista spagnolo Jaume Balaguerò già autore di pellicole quali Darkness (2000) e il non troppo fortunato Fragile (2005). Torna nel 2007 con la collaborazione di Paco Plaza per il genere che preferisce, l’horror.

La situazione è ambientata in Spagna, Barcellona per l’esattezza. Tutto ha inizio con la presentazione dei due personaggi principali. Angela e Pablo lavorano per una televisione locale. Il loro programma si intitola “mentre tu dormi” poiché il loro lavoro consiste nel mostrare i mestieri di tutti coloro che iniziano a lavorare, per l’appunto, solamente col sopraggiungere della sera.

Questa notte il loro compito è seguire una squadra di pompieri e magari un loro eventuale intervento per qualche chiamata. Chiamata che avviene. Tutto sembra essere normale: una vecchietta urlando ripetutamente nel suo palazzo mette in allarme tutti i coinquilini. Giunti sul posto e anticipati da una pattuglia della polizia, i nostri protagonisti si imbatteranno in una tutt’altro che docile vecchietta. Questa infatti in modo inaspettato e alquanto misterioso finirà con l’aggredire un pompiere e un poliziotto causando loro danni irreparabili e insinuando una sensazione di terrore e incredulità in tutti gli altri presenti. Ma questo non è che l’inizio di un film che, iniziato in modo innegabilmente lento e piatto, finirà col far tremare lo spettatore facendolo sobbalzare a più riprese dalla sedia.

Presentato nel 2007 a Venezia in “Rec” Balaguerò si destreggia a parer mio molto bene nella regia che, sebbene non originalissimo per temi e tipologia di ripresa (“blair witch project”, “28 giorni dopo” solo per citarne due) si rivela un buon prodotto rinnovatore rispetto a molti altri film di simil-genere usciti fino a poco tempo fa e che non sono riusciti a cogliere nel segno rimanendo sempre su un livello di alquanto bassa mediocrità.

Gli elementi appartenenti all’horror ci sono tutti e l’atmosfera è propria del genere.

L’abilità del regista forse risiede anche nell’ aver saputo creare un legame tra i personaggi e lo spettatore, che alla fine fa decisamente il tifo per loro sperando in una via di salvezza. Personaggi tutti ben caratterizzati e che gli attori, Manuela Velasco in primis, interpretano molto bene per la situazione che si ritrovano a vivere mostrando appieno tutta loro umanità.

Il vero punto di forza quindi di questo “Rec” non è tanto la storia, vista più volte, quanto la bravura del regista per la sola quale vale il prezzo del biglietto.

E’ presente anche una colonna sonora che tuttavia non incide particolarmente sul film ma per questo non lo penalizza nemmeno.

Si affrontano inoltre temi di rilevante importanza, come la critica che il regista volge alla televisione di oggi ogni giorno più intenta a voler mandare forzatamente immagini sempre più barbare e spietate perché è questo che gli spettatori vogliono, magari non per colpa loro ma perché è così e a questo che sono stati abituati.

Concludo consigliando la visione di questo film non a tutti, soprattutto non a quelli impressionabili dal sangue. Lo consiglio però a tutti gli appassionati del genere i quali potrebbero, in questo mix di splatter puro unito a paura e tensione, ritrovare un po’ di quella qualità presente in vecchie glorie del passato e che più recenti lavori non hanno saputo emulare.
Trailer

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